Conservazione sostitutiva dei documenti, come funziona

Conservazione sostitutiva dei documenti

L’archiviazione elettronica presenta diversi vantaggi, dal risparmio di spazi a quello di tempo destinato alla ricerca dei singoli documenti, a una generale ma significativa riduzione dei costi di gestione della documentazione aziendale, che in molti casi deve essere obbligatoriamente conservata (almeno per un certo periodo). Tuttavia, affinché tali documenti cartacei digitalizzati non perdano validità legale durante il cambio di forma, bisogna seguire una specifica procedura metodologica disposta dalla legge, detta “conservazione sostitutiva”, che richiede per una corretta gestione l’adozione di appositi strumenti (come lo scanner e la firma digitale) e di particolari soluzioni informatiche e organizzative. 

 

Gli obiettivi della conservazione sostitutiva

La digitalizzazione e dematerializzazione degli archivi cartacei rendono la conservazione documentale più sostenibile dal punto di vista economico e ambientale; per questi motivi, la normativa è venuta incontro alle imprese introducendo la possibilità della conservazione sostitutiva. Grazie a questa procedura è possibile assolvere i tradizionali obblighi di conservazione anche se il documento, in origine analogico, è stato archiviato in formato digitale: se vengono rispettate alcune determinate condizioni di trasferimento, autenticazione e archiviazione, non viene infatti meno il suo valore giuridico e può essere così presentato senza timore durante un eventuale controllo fiscale.

Il mancato rispetto di tali disposizioni fissate dalla legge è però severamente punito, giacché mette in crisi la validità del documento stesso: le sanzioni, secondo la recente revisione del D.L. 76/2020, possono arrivare fino a 40.000 euro.

 

I presupposti della conservazione sostitutiva

Affinché il documento mantenga la sua efficacia probatoria, le attività e i processi della conservazione (che si mettono in moto a partire dalla sua stessa digitalizzazione) devono garantire la preservazione nel tempo di alcune caratteristiche oggettive quali l’integrità, l’autenticità e la leggibilità. Il Decreto legislativo 7 marzo 2005 n.82 dispone infatti in maniera inequivocabile che “il documento informatico [deve avere] contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto”.

Una volta esaurita con cura la digitalizzazione dei documenti, le copie informatiche devono essere validate tramite apposizione della firma digitale (che certifica l’identità dell’autore) e della marca temporale (che accerta data e ora del deposito in archivio). Solo in questo modo è possibile garantire alle autorità la certezza della paternità e non alterabilità del documento informatico archiviato. 

 

Questioni di compliance nella gestione del documento digitalizzato

In materia di conservazione sostitutiva obbligatoria, già nel 2004 Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 2004 disponeva per i documenti digitalizzati la procedura di marcatura prima descritta; la memorizzazione su supporti adatti e accessibili nel tempo; e infine la nomina obbligatoria di un Responsabile della Conservazione (interno o esterno all’azienda), figura interamente dedicata al processo di conservazione digitale, chiamata a definire e coordinare tutte le attività ad esso riferite, con piena responsabilità rispetto alla validità giuridica dei documenti in questione.

Da allora la normativa è ritornata altre volte sull’argomento, entrando sempre più nello specifico delle modalità di dematerializzazione dei documenti cartacei e delle prassi da adottare per una corretta archiviazione digitale. Oggi le modalità operative sono identificate dalle Linee guida disposte dall’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale); centrale è la redazione (da parte del Responsabile) del Manuale della Conservazione, che deve indicare nel dettaglio “l’organizzazione, i soggetti coinvolti e i ruoli svolti dagli stessi, il modello di funzionamento, la descrizione  del  processo, la descrizione delle architetture e delle infrastrutture utilizzate, le misure di sicurezza adottate e ogni altra informazione utile alla gestione e alla verifica del funzionamento, nel tempo, del sistema di conservazione“ (dal DPCM 3 dicembre 2013).

Una parte significativa del Manuale è destinato alla descrizione delle procedure di gestione della privacy, elemento particolarmente a rischio oggi nell’ecosistema digitale, e che richiede tutele particolari, imposte sia dalla legge sia da ragioni di sicurezza interna. Tali misure finiscono per impattare sugli spazi (per esempio locali da destinare ai server), sulle procedure e sulle competenze (che devono integrare tecniche di crittografia, anonimizzazione e partizionamento del dato), persino sulle impostazioni della rete aziendale e del cosiddetto “everywhere workplace”, ossia di tutti i vari dispositivi anche privati e personali che devono accedere all’archivio digitale da remoto.

Il Responsabile della Conservazione si trova quindi a interagire non solo con gli uffici che producono i documenti da archiviare ma anche con quelli deputati alla sicurezza informatica, ai sistemi IT, al trattamento dei dati personali. Data la specificità delle competenze richieste e il continuo aggiornamento normativo e tecnico (causato anche dalla rapida innovazione tecnologica), non è inusuale che le imprese preferiscano esternalizzare il processo di conservazione sostituiva a consulenti esterni, Conservatori in possesso di requisiti organizzativi e tecnici all’altezza della complessità dell’operazione.

 

Cosa fare poi del cartaceo?

Solo una volta terminata la procedura di conservazione sostitutiva è consentito procedere alla macerazione dell’archivio documentale pregresso. Anche questo servizio può essere affidato a operatori specializzati, soprattutto quando l’intervento diventa impegnativo per la vasta mole di carta da distruggere e smaltire. Tuttavia per alcuni documenti la legge impone la conservazione anche della versione cartacea con firma in originale: siamo ancora lontani dall’utilizzo esclusivo dei formati digitali.

La gestione documentale di fascicoli ibridi quindi non resta affatto confinata alla sola fase di passaggio tra “vecchio” e “nuovo” sistema, richiedendo grande lungimiranza in fase di progettazione, in modo da rendere interoperabili i due sistemi di archiviazione.