Conservazione documenti, per quanto tempo e come fare

conservazione documenti

Tutti i giorni le imprese producono documenti. Archiviarli correttamente comporta diversi vantaggi: quando cerchiamo le tracce dei rapporti interni e/o verso l’esterno non possiamo che fare capo proprio all’archivio aziendale, dove confluiscono tutti i processi gestionali. Oltre a queste motivazioni di carattere organizzativo, bisogna tenere presente che la documentazione di natura contabile, fiscale, amministrativa e in generale quella pregnante a livello legale, deve essere conservata per legge per almeno 10 anni. 

 

Conservazione documenti: gli obblighi di legge

L’obbligo di conservazione dei documenti aziendali nasce nel momento stesso in cui si iscrive la propria azienda al Registro delle imprese. Tuttavia gli adempimenti cambiano a seconda del tipo di impresa e moltissimi riguardano soltanto le imprese di dimensioni medio/grandi, di natura commerciale: per esempio, la tenuta delle scritture contabili non è obbligatoria per i piccoli imprenditori e per le imprese agricole e sociali.

C’è però anche una brutta notizia: con l’utilizzo sempre più frequente degli strumenti digitali nell’attività d’impresa, l’obbligo di conservazione si è esteso anche a insospettabili “documenti” quali, ad esempio, i messaggi di posta elettronica che, se hanno rilevanza giuridica e commerciale, vanno conservati essendo rilevanti ai fini fiscali. L’obiettivo dell’obbligo di conservazione è infatti l’accertamento e la ricostruzione dei movimenti di affari e del patrimonio dell’impresa. La legge, tramite l’articolo 2220 del Codice Civile, impone la tenuta di alcuni documenti (libro giornale, libro degli inventari, etc) per poter risolvere eventuali controversie con clienti, fornitori, lavoratori o tra gli stessi soci; interviene però anche la normativa fiscale allungando di molto l’elenco dei documenti da conservare, in modo da rendere possibile all’Amministrazione finanziaria la verifica dell’adempimento degli obblighi tributari.

Per questi motivi, se i documenti non vengono conservati o non sono conservati correttamente e quindi consultabili, le conseguenze possono essere davvero molto gravi. Ma quanto dura questo obbligo? Il Codice Civile prescrive un periodo di conservazione di massimo 10 anni (che anche gli eredi dell’imprenditore sono tenuti a rispettare); il Fisco invece obbliga a conservare tutta la documentazione fino a scadenza del termine ultimo per l’esecuzione dei controlli: pertanto, se è in corso un accertamento fiscale, l’archivio non potrà essere toccato finché questo non giunge a una conclusione. 

Parrà curioso, ma lo Stato non impone solo di conservare i documenti: si rischiano importanti sanzioni amministrative anche in caso di mancata e completa distruzione dei documenti ormai “esauriti”, ossia privi di utilità. L’eliminazione dei documenti ormai superflui è senz’altro un’azione importante per le imprese, utile a proteggere i dati personali dei propri clienti e lavoratori, ma anche eventuali segreti commerciali aziendali; nonché si risparmia sicuramente spazio, fisico e digitale, che come sappiamo ha un suo costo. Il processo di distruzione delle informazioni contenute dei documenti segue dei passi prestabiliti sia per i supporti cartacei sia per quelli informatizzati: cancellare il file o la e-mail non basta, bensì è necessario usare specifici programmi per essere certi che i dati rimangano irrecuperabili.

 

Cartaceo vs digitale

La legge impone per un certo tipo di documentazione la tenuta su supporto cartaceo con firma originale in calce; per tutte le altre tipologie la scelta del formato (cartaceo o digitale, quindi) è lasciata invece libera. Chiaramente, a diversi supporti corrispondono diverse modalità di conservazione, che vanno ben studiate prima di operare una scelta. 

La dematerializzazione dell’archivio comporta diversi vantaggi: l’abbattimento dei costi di stampa e distribuzione dei documenti; la riduzione dei costi di archiviazione fisica; il facile aggiornamento della documentazione corrente. Se l’archiviazione digitale passa poi attraverso una piattaforma cloud, l’accesso è senz’altro diventa ancora più rapido e diffuso tra gli interessati (dipendenti o clienti che siano) arrivando a permettere una significativa velocizzazione dei processi aziendali. Con lo spostamento online dell’archivio si mette in moto, infatti, una vera e propria trasformazione digitale dell’impresa; importante quindi intraprendere questo percorso facendo prima chiarezza sulle priorità e gli obiettivi che ci aspettiamo da questa azione. Tra i costi da mettere sul piatto della bilancia, senza dubbio c’è l’aumento delle misure di sicurezza, necessarie per tutelare un accesso che sia solo autorizzato.

Anche per questi motivi continuiamo a vedere negli uffici faldoni e raccoglitori che riempiono i nostri scaffali. Spesso pensiamo che il problema dell’archivio fisico sia solo la grandezza degli spazi a disposizione; in realtà l’aumento dei documenti contenenti dati sensibili ha reso indispensabile la progettazione di un’archiviazione che fa caso a sé. Innanzitutto questi vanno tenuti separati dalle altre categorie di documenti (fatture, contratti, etc); poi vanno conservati in contenitori con chiusure di sicurezza, in modo che solo le persone responsabili al trattamento di tali dati abbiano effettivamente accesso a quei documenti. È importante, per gli stessi motivi di privacy, adottare misure di pseudonimizzazione  che impediscano di leggere il nome del cliente sulle cartelline di archivio (per esempio usando piuttosto un ordine di numerazione). 

L’archiviazione dei documenti in outsourcing consente spesso di liberarsi da tutti questi problemi e ottenere finalmente una maggiore efficienza nella conservazione e il reperimento della propria documentazione.

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