Nell’era dei dati, poter accedere velocemente alle informazioni con la massima sicurezza è diventato indispensabile per tutte le imprese, private e pubbliche. Molto dipende dalla propria capacità di gestione dei dati: un sistema di archiviazione efficace è una vera e propria fonte di vantaggio competitivo, nonché un mezzo per migliorare la produttività del lavoro. Tuttavia la conservazione documentale è anche un obbligo di legge che, se disatteso, comporta spiacevoli responsabilità.
La conservazione obbligatoria
Tanto il diritto commerciale tanto quello tributario impongono alle imprese la conservazione di un certo tipo di documentazione: dati, conti, registrazioni e molto altro. Anche se il periodo minimo obbligatorio cambia a seconda del documento e delle sue finalità, la forbice oscilla tra un minimo di un anno e circa vent’anni: l’art. 220 del Codice Civile sulla Conservazione delle scritture contabili prescrive per i registri e documenti contabili un termine di almeno dieci anni dalla data dell’ultima registrazione, ma in caso di contenzioso avviato, il periodo è esteso fino alla fine dell’accertamento.
Uno degli obiettivi della conservazione documentale è infatti quello di metterci in condizione di presentare alle autorità competenti, anche a distanza di anni, la documentazione richiesta in caso di verifica fiscale: anche in assenza di dolo, l’imprenditore o il libero professionista che non ha conservato i documenti contabili obbligatori è responsabile penalmente ed incorre nel reato di distruzione di documenti contabili.
Ovviamente, ai fini del controllo, è altrettanto importante poter assicurare la certezza della paternità dei documenti presentati: la prima fase del workflow di conservazione documentale nasce proprio dalla gestione dei flussi amministrativi che alimentano e movimentano quotidianamente l’archivio. Anche la leggibilità è una caratteristica significativa: se i documenti richiesti non sono stati correttamente archiviati o conservati, le autorità fiscali possono mettere in discussione l’intera contabilità della società e contestarle anche il fatturato dichiarato.
Archiviazione documenti aziendali: alcuni consigli
Una corretta archiviazione è quindi sia un punto di forza sia una necessità. Progettare e gestire un archivio può rivelarsi però un’attività meno semplice di quanto non si pensi. Innanzitutto va detto che non esistono regole universali: ogni raccolta documentale ha sue proprie caratteristiche cui corrispondono precise necessità in termini di strumenti (faldoni, scatole, cloud, etc) o di sistema stesso di ordine di archiviazione, meccanismo che ci aiuterà domani a ritrovare facilmente i documenti che oggi stiamo archiviando. È comunque possibile individuare alcuni step da seguire per creare un archivio:
- Chiedersi “cosa”: non tutto merita di essere conservato, in assoluto o per lo stesso tempo! Anzi, per esempio, il Regolamento GDPR (General Data Protection Regulation) impone la distruzione di determinati dati entro un certo periodo;
- Chiedersi “in quale formato”: in linea di principio, i dati devono essere memorizzati nella forma in cui sono stati ricevuti; tuttavia, se la legge non impone un preciso obbligo in merito, è possibile scegliere tra la “classica” tenuta cartacea e quella in formato elettronico. La normativa a partire dal 2004 prevede infatti che tutti i documenti possano essere digitalizzati purché si rispettino determinate procedure di versamento, archiviazione e poi consultazione, volte a garantire nel tempo la loro autenticità e affidabilità;
- Chiedersi “dove”: gli spazi (fisici e/o digitali che siano) devono essere adeguati alla conservazione dei documenti ma anche pratici rispetto al loro utilizzo quotidiano;
- Chiedersi “come”: va creato un vero e proprio “protocollo”, un insieme di regole che dispongano i criteri di archiviazione dei documenti, a partire da quali categorie (che devono essere semanticamente omogenee e ben distinte l’una dall’altra) usare fino a come nominare i singoli documenti;
- Chiedersi “chi”: al di là delle risorse che sono responsabili della produzione dei vari documenti (per esempio l’amministrazione), va disposto del personale deputato ad archiviare e conservare correttamente tali documenti e rimetterli in circolazione all’occorrenza. In particolare, per quanto riguarda i documenti in formato digitale, il DPCM 3 dicembre 2013 ha introdotto la figura del Responsabile della conservazione, chiamato a definire la struttura del processo di conservazione e a vigilare sul rispetto delle norme di legge in materia. Secondo le disposizioni, si può incaricare un collaboratore interno o esterno.
All’aumentare della complessità evita il fai-da-te
Per essere funzionale, e quindi permettere di reperire in poco tempo il materiale documentale di cui si ha bisogno, l’archivio deve essere organizzato rigorosamente. All’aumentare della complessità delle proprie attività può rivelarsi però sempre più difficile costruire e gestire un sistema affidabile e adeguato alle esigenze, a meno di non poter destinare una discreta parte delle risorse aziendali a questo scopo. Come tutti i processi, infatti, anche l’archiviazione deve essere sostenibile dal punto di vista economico e, possibilmente, anche da quello ambientale. Quando non si hanno al proprio interno le competenze necessarie per gestire in maniera efficace ed efficiente la conservazione documentale, è preferibile allora affidarsi a professionisti: scegliendo l’outsourcing si eviteranno improduttive dispersioni di budget e tempo dalle proprie attività core.